Lo sguardo ci rivela il passato. Quello che ora è disordine un tempo era ordine, ma nel Carso di Doberdò il nostro occhio non sa distinguere questa differenza. Tutto sembra riportare all’origine, tutto sembra ricordare quell’originario mucchio di pietre gettate disordinatamente nella leggenda-mito che spiega l’origine del Carso. Le opere dell’uomo sono state cancellate sistematicamente da innumerevoli invasioni, migrazioni e guerre con il corollario di distruzioni che comportano. Scipio Slataper nel libro “Il mio Carso” ha scritto un’elogio che rimane tutt’ora magnifico: “Carso, che sei duro e buono! Non hai riposo, e stai nudo al ghiaccio e all’agosto, mio Carso, rotto e affannoso verso una linea di montagne per correre a una meta; ma le montagne si frantumano, la valle si rinchiude, il torrente sparisce nel suolo. ”.

Il libro è stato editato oltre che nella versione ITA-EN anche nella versione ITA-SLO.

 

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